L’isola spagnola, prima dell’arrivo degli Europei, era popolata da indigeni che costituivano il gruppo etnico principale: si trattava di una popolazione che arrivò essenzialmente dall’America del Sud, dalla foce dell’Orinoco.

 

Gli archeologi, di solito, fanno una classificazione interna del popolo indigeno in tre grandi gruppi che occuparono l’isola spagnola: vengono chiamati indigeni (taìnos), e condividono alcuni aspetti culturali con gli indigeni di Puerto Rico e della parte orientale di Cuba.

 

Gli indigeni si erano organizzati nella terra selvaggia dell’interno, ed avevano due tipi di abitazione: il “bohio” (una capanna), che era di forma circolare, e il “caney”, più grande e rettangolare, dove abitava il capo con la sua famiglia. Questi alloggi venivano costruiti con foglie di “hinea” e legno degli alberi di “capa prita” e di cannella “cimarrona”, mentre per dormire usavano amache tessute di cotone.

 

 

Si dividevano in quattro classi sociali:

 

Primo:      il capo, conosciuto anche come il “guare”, che                era il capo della tribù o “YUCAYEQUE”.

Secondo: I Nitaìnos, considerati i nobili della tribù, che                   erano i familiari del capo, e agivano da                    guerrieri.

Terzo:      I Behiques, che erano i sacerdoti che                 rappresentavano le credenze religiose.

Quarto:    I Naborias, lavoratori della terra.

 

I cinque territori:

 

Marin:      era governato dal capo Guacanagarix ed era                  diviso in 14 nitaìnos.

Maguà:    governato dal capo Guarionex, era diviso in 21               nitaìnos.

Maguana:      il territorio maguana era diviso in 21 nitaìnos, e               governato dal capo Caonabo.

Higuey:    il territorio higuey era governato dal capo                 Cayacoa, ed era diviso in 21 nitaìnos.

Jaragua:  il territorio garage era governato dal capo                 Bohechio, ed era diviso in 26 nitaìnos.

 

Gli indigeni erano politeisti, e quindi credevano in più divinità, ma il loro dio principale era Bagua.

Tali indigeni credevano anche in due esseri soprannaturali chiamati “cemies”.

L’attività principale degli indigeni era l’agricoltura: i loro prodotti agricoli fondamentali erano le patate, il mais, le arachidi, il peperoncino, l’ananas, le patate dolci, il cotone e il tabacco. Gli indigeni facevano fermentare la yucca per ottenere una bevanda ubriacante chiamata “ucù”, e il “cazabe” (caccia?) –

 

Gli indigeni avevano diversi divertimenti: un intrattenimento era il ballo “areito”, che era una specie di ballo con un bastone, e il gioco del pallone, che era conosciuto come “batù” e si giocava in uno spazio chiamato “batey”. Il gioco del pallone risvegliò l’interesse dei colonizzatori spagnoli poiché la palla che utilizzavano rimbalzava essendo fatta di gomma, foglie e resina: questo fenomeno era sconosciuto in Europa. Il gioco del pallone veniva giocato fra due squadre fino a trenta persone, e si giocava fra uomini e donne: i giocatori dovevano mantenere la palla in aria senza farle toccare terra, e doveva essere mantenuta in aria con le spalle, le anche e i gomiti. Un altro passatempo molto comune erano le feste di palo, che consistevano in un ballo che cominciava quando tramontava il sole fino alla mezzanotte: normalmente tutti facevano a turno per ballare, bere e mangiare, e i partecipanti erano solo i più adulti, oppure si celebravano in occasione di un matrimonio o di un fidanzamento.

 

Fino al 1492 l’isola spagnola si sviluppò in un clima calmo e tranquillo, una pace che terminò con l’arrivo degli Europei, o meglio dei colonizzatori dell’America, noto come l’avvenimento che cambiò il mondo, uno degli avvenimenti più importanti dell’umanità.

 

La trasformazione dell’isola spagnola iniziò il 12 ottobre 1492, con una spedizione capitanata da Cristoforo Colombo su mandato dei governanti Isabella e Fernando di Castiglia. Questa spedizione partì dal porto di Andaluz de Palos, e durò due mesi e 9 giorni, per attraversare l’oceano Atlantico. Arrivò in un isola del continente americano, praticamente le Bahamas, e al loro ritorno fecero conoscere all’Europa, per la prima volta, l’esistenza di un nuovo mondo.

La scoperta dell’America costituisce uno degli avvenimenti fondamentali della storia universale e rappresenta l’incontro di due mondi che si erano sviluppati in modo indipendente fin dall’origine dell’umanità.

Questo cambiò la direzione dell’umanità: quando Cristoforo Colombo giunse all’isola spagnola che era abitata dagli indigeni, che erano pacifici e ricevettero i colonizzatori pacificamente nel crederli, come altri popoli, delle divinità arrivate dal cielo, nonostante arrivassero dal mare; al trattamento che ricevettero da parte dei nuovi arrivati, i capi organizzarono i loro uomini e cercarono di respingere le aggressioni che avevano il proposito di sottometterli e schiavizzarli, ma le moderne armi da fuoco dei colonizzatori e le loro armature portarono a una lotta disuguale che i nativi perdettero. Il giorno di Natale di questo stesso anno (1492), una delle navi delle tre caravelle, la Santa Maria, la principale, si incagliò in una scogliera della costa nord-occidentale dell’attuale Haiti, però non ci furono morti, la nave rimase capovolta: Colombo decise che con i resti di quella nave venisse costruita una torre e una fortezza che chiamò “LA VILLA DI NATALE”, e così fu fondato il primo edificio occidentale in America, nel quale rimasero 39 uomini armati e con provviste sufficienti per aspettarlo quando fosse ritornato dalla Spagna, dove aveva deciso di rientrare per informare i Reali della scoperta, però quando Colombo ritornò nel suo secondo viaggio, trovò che i 39 uomini che aveva lasciato erano stati tutti assassinati dagli indigeni e il forte era stato distrutto.

Prima di questa circostanza, continuò navigando alla ricerca di un terreno dove stabilirsi e lo trovò più avanti: era un luogo solitario della costa nord dell’attuale Repubblica Dominicana dove impiantò una città che chiamò “VILLA YSABELA” o Ysabela, in onore della regina Ysabela, fondata il 10 dicembre 1493, e che fu formalmente inaugurata con una cerimonia religiosa celebrata il 6 gennaio 1494.

Fu nella Repubblica Dominicana che si fondò la prima università del nuovo mondo, la “UNIVERSITA’ AUTONOMA DI SANTO DOMINGO”, e la prima cattedrale.

 

La Repubblica Dominicana è una democrazia rappresentativa situata nel terzo orientale dell’isola caraibica “La Espanola”, nelle Grandi Antille: ad ovest confina con la Repubblica di Haiti, a nord con l’oceano Atlantico, ad est con il Canale della Mona che la separa da Puerto Rico e al sud con il mar dei Caraibi; la capitale è Santo Domingo, è la seconda isola per espansione, la lingua ufficiale è lo spagnolo; il paese ha un solo confine con la Repubblica di Haiti. La Repubblica Dominicana è prevalentemente montagnosa, la vetta più alta è la cima Duarte (3.087 metri s.l.m.), il lago più grande è il lago Enriquillo (265 kmq), di origine vulcanica, con la superficie a 46 metri sotto il livello del mare; la Repubblica Dominicana è composta da 8 poli turistici.

 

Il primo polo turistico “COSTA CARIBE” è stato il primo attraverso il decreto n° 3133 del 1973, formato da Santo Domingo, La Caleta, Boca Chica, Juan Dolio, San Pedro de Macoris, fino al fiume Higuamo e la Romana.

 

Il secondo polo turistico è “COSTA AMBAR” o Puerto Plata: nel 1972 si dichiarò nel decreto 2125 la demarcazione turistica prioritaria di questo polo che comprende tutta la costa nord della Repubblica fin da Punta Rusia nell’estremo nord-ovest.

La Ysabela, Luperòn, Playa Cofresi, Long Beach, Puerto Plata, Sosua, Cabarete, Rio San Juan y Cabrera. E’ il polo turistico che ha avuto la più rapida crescita e il più veloce sviluppo.

 

Terzo polo turistico: “PUNTA CANA, MACAO, o COSTA ESTE”. Situato nella regione est del paese, confina al nord con l’oceano Atlantico. Punta Cana, Playa Juanito, Bàbaro.

 

Quarto polo turistico: “JARABACOA Y CONSTANZA”, polo nel quale si sviluppa un turismo ecologico, creato dai decreti n° 1157 e 2729 del 2 settembre 1977. E’ composto dai comuni di Constanza e Jarabacoa, e dispone di centri vacanzieri adeguati per solitari ed escursionisti che amano esplorare e camminare a piedi o a cavallo; è l’unico polo turistico che non ha spiagge.

 

Quinto polo turistico: “SAMANA, LAS TERRENAS”. Polo situato nella Baia di Samanà e Las Terrenas, possiede una grande infrastruttura e un potenziale turistico inesplorato. Se la situazione turistica con Macao e Punta Cana hanno ritardato il suo sviluppo, le previsioni turistiche per questa decade gli augurano una forte crescita. E’ composto da Samanà, Cayo Levanto e Las Terrenas.

 

Sesto polo turistico: “BARAHONA, ENRRIQUILLO, PERDENALES”: questo polo si trova in via di sviluppo, ed ha una crescita lenta dovuta al fatto che le sue infrastrutture sono di recente realizzazione. Comprende la Baia di Barahona fino alle comunità di Enrriquillo, Barahona e Perdenale.

 

Settimo polo turistico: “MONTE CRISTI PEPILLO SALCEDO”, creato con il decreto n° 16-93, si estende dalla costa di Monte Cristi fino a Pepillo Salcedo. Questo è un polo di personalità coraggiose e di storia: come attrazione, a Monte Cristi si trova la casa del Liberatore Massimo Gomez, casa dove si tenne l’incontro con il Cubano Josè Martì. Questa casa è stata trasformata in museo. Fra le sue attrattive si trova il Morro, che è una collina a forma di cammello seduto, come un vecchio segugio che si cura del porto della città di Monte Cristi e della spiaggia.

 

Ottavo polo turistico: “BANI”, creato dal decreto del mese di settembre 1995. Situato a circa 58 km. da Santo Domingo, possiede la baia delle caldaie (terme?), che è un’area turistica che può soddisfare ogni necessità dei turisti, e in più è una importante base navale considerata per i confini della penisola. Fra le sue attrattive turistiche possiamo inoltre considerare le Dune, che sono le uniche montagne di sabbia che si possono trovare in tutti i Caraibi. Queste zone posseggono anche grandi fiumi con abbondanti correnti di acque cristalline, come quelle del fiume Nizao, e le saline, che sono miniere di sale prodotto in terrazze dove evapora l’acqua marina.

 

La guerra di indipendenza Dominicana fu il processo storico che terminò con la proclamazione della Repubblica Dominicana e la sua separazione da Haiti nel febbraio 1844. Durante i 22 anni che procedettero all’indipendenza, tutta l’isola Espanola rimase sotto il dominio di Haiti, come conseguenza dell’occupazione da parte di questo paese dello stato di Haiti Espanol, nato fugacemente nel 1822 nella parte orientale dell’isola dopo gli sforzi fatti dai patrioti Dominicani per rendere indipendente il paese dal dominio Haitiano: diverse azioni militari avvenute fra il 1844 e il 1856 finirono per considerare la Repubblica come un nuovo stato. Gli Haitiani provarono varie volte a tornare a dominare la Repubblica creata di recente con risultati falliti, finché nel 1867 Haiti riconobbe l’indipendenza Dominicana.

Nonostante la situazione non rimase definita dopo il conflitto, Haiti continuò ad occupare l’altipiano centrale dove erano piazzate le città di Hinca, Las Caobas, San Miguel, La Atalaya e San Rafael de la Angosturan: dopo il trattato sulla frontiera, la Repubblica Dominicana terminò rinunciando a quei territori.

L’occupazione Haitiana durò dal 1822 al 1844.

Un giovane educato ed autentico nazionalista fu colui che ispirò ed aiutò a gestire e dirigere la guerra di indipendenza: Duarte, insieme a diversi liberali Dominicani.

 

Il 16 luglio 1938 nove giovani Dominicani mossi dal patriottismo si riunirono di fronte alla Chiesa del Carmen, nella strada che attualmente porta il nome di “arsobisponovel” per costituire una società segreta rivoluzionaria: “Trinitaria”, così la chiamò il suo leader e fondatore Juan Pablo Duarte. PERCHE’? Perché ognuno dei suoi nove membri si obbligava a creare un nucleo di tre persone, cosa che avrebbe permesso all’organizzazione di moltiplicare i suoi adepti (aderenti), per portare a buon fine l’opera per la quale si erano compromessi.

Liberare il proprio paese dal dominio haitiano e creare una nazione libera, sovrana e indipendente, con il nome di Repubblica Dominicana.

Insieme a Juan Pablo Duarte, quel 16 di luglio si incontravano Juan Isidro Pèrez, Juan Neponuceno Ravelo, Felipe Alfau, Feliz M. Ruiz, Jacinto de la Concha, Josè M. Sierra, Benito Gonzalez e Pedro Alejandrino Pina. “Ragazzi” che non arrivavano ai trent’anni. Pina aveva appena 17 anni.

Come in tutte le opere umane, ci furono dei “chiacchieroni”. La congiura fu rivelata da Felipe Alfa, però niente poté trattenere i rivoluzionari nei loro propositi, e l’ideale e l’ardore di Duarte si allargarono (espansero). Nelle file dei Trinitarios c’erano uomini come Francisco Dell, Rosario Sanchez, Matias Ramon Mella, il primo che avrebbe preso la leadership (dirigenza), prima dell’assenza di Duarte in esilio e il secondo, che vinse, ed esplose il suo colpo di cannone la notte del 27 febbraio.

La Trinitaria deve essere un esempio da seguire per tutti i Dominicani e le Dominicane che lottano e lavorano per uno sviluppo migliore della propria patria e per il benessere del suo popolo.

Senza organizzazione non abbiamo la possibilità di intraprendere i compiti che ci proponiamo.

Senza volontà e determinazione risulterebbe impossibile portare così avanti gli obiettivi che inseguiamo, senza fiducia nella causa abbandoneremmo la strada alle prime difficoltà.

Duarte mantenne questa fede quando tutti vacillavano (esitavano) sulla possibilità che sorgesse la Repubblica Dominicana; e oltre questa fede anche con la volontà li spinse fino a portarli alla ribellione. Non tornò indietro dai suoi impegni, non si demoralizzò davanti alle persecuzioni e alle debolezze dei suoi compagni, e i semi sparsi il 16 luglio avrebbero dato i loro frutti diversi anni più tardi, quando i Dominicani e le Dominicane annunciarono al mondo la loro separazione da Haiti.

La Trinitaria, come scrisse Manuel A. Machado, fu il crogiolo dove venne fondata la nazionalità dominicana, o più precisamente, fu la società dove batté per la prima volta il cuore della rivoluzione liberatoria.

Duarte aveva appena 25 anni quando fondò la Trinitaria, ebbe la fede e la convinzione che in un territorio che non arrivava a contare centomila abitanti e soggiogato dalla forza incommensurabile che rappresentava l’Haiti rivoluzionario e liberato fin dal 1804, avrebbe potuto costruire uno stato sovrano senza tutele straniere che si chiamò Repubblica Dominicana.

Quali forze occulte sospinsero i suoi propositi? O come capire che un giovanetto fosse capace di disprezzare le voci che acclamavano un protettorato francese prima di considerare la possibilità della repubblica, e nonostante ciò, non cessò il suo impegno.

Cospirò, come avrebbe fatto qualsiasi rivoluzionario deciso a sovvertire l’ordine stabilito: convinse con la sua predica gli amici della sua età per formare il nucleo che avrebbe portato a termine l’ardua impresa; tracciò la strategia di allearsi con i nemici degli oppressori pur di raggiungere l’obiettivo inseguito; strinse le alleanze che giudicò necessarie sebbene al costo di conciliare nell’impegno anche forze retrograde pur di vedere l’insegna tricolore.

 

Duarte sacrificò il patrimonio della sua famiglia per veder nascere la Repubblica Dominicana. Settimane prima del 27 febbraio, scrisse alla madre e alle sue sorelle per dirle: l’unico mezzo che trovo per riunirmi a voi è rendere indipendente la Patria, per conseguire questo occorrono ricchezze, estreme risorse, e queste risorse sono che voi, insieme a me, e i nostri fratelli Vicente, offriamo per la patria il prezzo dell’amore e del lavoro che abbiamo ereditato da nostro padre.

Dopo la liberazione della Patria, Duarte ci lasciò riposare e si incorporò pericolosamente nella lotta contro gli Haitiani che non volevano riconoscere l’indipendenza Dominicana.

Dobbiamo ricordare Duarte come l’irriducibile nella sua fiducia di fondare una Repubblica, l’uomo che con i suoi sforzi, dal 1833 al 1844, ci spinse a raggiungere la separazione da Haiti, l’organizzatore di strumenti come la Trinitaria e la Filantropica, che resero possibile il grido dell’indipendenza.

Oggi noialtri Dominicani dobbiamo ricordare Duarte come l’uomo d’azione e il lottatore infaticabile che mai si abbassò nella difesa della dominicanità.

Oggi noialtri dubbiamo dire: DUARTE, più grande di te neanche la stessa Patria!

La Repubblica Dominicana fu chiamata da Duarte nel 1861 con il nome di Quisqueya.

Nel 1843 i trinitari si unirono al Partito Liberale Haitiano che defenestrò il presidente Jean Pierre Boyer. Nonostante questo, i trinitari che parteciparono al defenestramento richiamarono l’attenzione del sostituto di Boyer, Charles Riviere Herald. Questi mise in carcere alcuni trinitari e obbligò Duarte ad abbandonare l’isola. Durante il suo esilio trovò appoggio in Colombia e in Venezuela. Nel Dicembre 1843 i ribelli chiesero a Duarte che ritornasse, poiché dovevano agire con rapidità davanti al timore che gli Haitiani si rendessero conto dei loro piani di insurrezione. Nel Febbraio 1844, siccome Duarte non era tornato perché era malato, i ribelli decisero di agire sotto la leadership di Francisco Del Rosario Sànchez, Matias Ramon Mella e Pedro Santana, un ricco allevatore, che comandò un esercito privato formato dai suoi contadini. La notte del 27 febbraio 1844, i ribelli guidati da Sanchez durante l’assenza di Duarte, presero la fortezza Ozama nella capitale Santo Domingo: la guarnizione Haitiana fu presa di sorpresa, apparentemente tradita da una delle sue sentinelle. Un altro gruppo di insorti, guidati da Matias Ramòn Mella, arrivò fino alla porta della misericordia dove Mella sparò il leggendario colpo di cannone dell’indipendenza e Sanchez alzò immediatamente la nuova bandiera Dominicana al grido di “DIO, PATRIA E LIBERTA’”. La nuova Repubblica Dominicana era finalmente nata, sotto una forma di governo repubblicano e democratico e con un popolo libero che rifiutava qualsiasi imposizione straniera.

 

 

Il carnevale dominicano è una delle feste più popolari della Repubblica Dominicana. Fin dal secolo XVI ci sono state maschere a Santo Domingo ma alcuni studiosi pensano che la tradizione crebbe con le gesta del 27 di Febbraio e del 16 Agosto 1865. Fin da allora i Carnevali Dominicani si festeggiano in queste date, senza dare importanza alla tradizione coloniale o meno.